Ciao a tutti! 👋🏻
Come state? Spero che febbraio sia iniziato bene! Il mio è partito in grande stile.. dal veterinario. Niente di grave, ma non proprio il modo in cui immaginavo di cominciare! 😅
Oggi parliamo di pubblicità, ho trovato recentemente questo articolo e ho pensato di dedicarci un’intera newsletter per capire meglio i meccanismi meno espliciti di una campagna pubblicitaria efficace.
E soprattutto, sfatiamo il mito di chi è convinto di essere immune alla pubblicità, solo perché ne ha un’idea distorta o ne sottovaluta il potenziale. Facciamo un passo indietro, credo sia necessario prima comprendere come funziona la nostra mente e come prendiamo le decisioni.
Fondamentale
Le persone tendono a fare scelte che massimizzano i risultati, basandosi sulle proprie preferenze e nel limite delle conoscenze disponibili.
Questo principio, che chiameremo principio fondamentale, definisce le persone come razionali, quindi capaci di prendere decisioni in modo razionale.
Sono una persona razionale, so benissimo che la differenza tra questo brand e un altro è solo prezzo, non mi faccio fregare dalla pubblicità.
La maggior parte delle persone crede che la pubblicità funzioni seminando idee e ricordi positivi, con l'intento di attrarle verso il brand.
Prendiamo l’esempio di Chilly: le loro pubblicità spesso mostrano persone che si sentono fresche e sicure di sé durante la giornata, associando il prodotto al concetto di comfort e libertà. Così, quando siamo al supermercato e pensiamo a un detergente che ci faccia sentire freschi, saremo più propensi a comprare Chilly.
Se la pubblicità funzionasse in modo così diretto, violerebbe il principio fondamentale, rendendoci irrazionali e facilmente influenzabili. Basterebbero pochi passaggi di uno spot per convincerci che Chilly sia la scelta migliore.
Il risultato? “Io sono una persona razionale, non mi faccio fregare dalla pubblicità.”
La pubblicità sicuramente funziona meglio quando viene ripetuta e sì, agisce anche seminando idee e ricordi positivi. Ma non è l’unico modo in cui opera. In realtà, esistono molte strategie diverse, che spesso si sovrappongono e si rafforzano a vicenda.
Consapevolezza semplice
Iniziamo dalla modalità più semplice: quella che ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza ✨awareness. Questo tipo di pubblicità, molto comune, si limita a informarti dell’esistenza di un prodotto, spiegandoti come funziona e perché potrebbe essere una scelta valida o migliore rispetto ad altre.
In poche parole, ti dice: "Ehi, esisto! Funziono così e, nel caso ti servissi, sai dove trovarmi."
Persuasione esplicita
In altri casi, una pubblicità tenterà di persuadere in modo esplicito, presentando un vero e proprio argomento a sostegno del prodotto. In questi casi, il messaggio cerca di convincere il pubblico con dati o affermazioni dirette.
Da qui in poi, la pubblicità inizia a funzionare in modo più implicito.
Associazione emotiva
Lo abbiamo già accennato in precedenza, e si basa sull’idea di instillare in noi un’emozione o un concetto, affinché col tempo il consumatore li associ al brand in modo automatico.
Coca-Cola, per esempio, ci mostra continuamente immagini di persone che sorridono e si divertono dopo aver bevuto il loro prodotto. Con il tempo, abbiamo finito per associare Coca-Cola a momenti felici (come una buona 🍕). Così, in futuro, quelle sensazioni positive torneranno alla mente, rendendoci più propensi a comprare Coca-Cola.
La promessa
La promessa può essere esplicita, come una garanzia, ma più è implicita e più contribuisce a costruire l'immagine del brand.
Pensiamo a Disney e come si sia affermata come sinonimo di “intrattenimento per famiglie”. Questo crea un'aspettativa nei consumatori, che si affidano a Disney per ottenere esattamente quel tipo di esperienza. Se Disney violasse questa fiducia, ad esempio inserendo troppa violenza nei suoi film, il pubblico si sentirebbe tradito e acquisterebbe meno prodotti Disney.
Per questo i brand devono mantenere un’immagine stabile e coerente nel tempo. Ed è proprio per questo che diventa un gran casino quando, per sbaglio, inserisci un link porno sulle confezioni delle bambole di Wicked.
Il mezzo diventa il messaggio
Un altro meccanismo pubblicitario è quello in cui il mezzo diventa il messaggio. In questo caso, la pubblicità comunica valore semplicemente attraverso la sua presenza in una posizione strategica (spesso costosa), senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
Questo spiega perché i brand spendano una valanga di soldi per posizionare la loro pubblicità durante eventi come il Festival di Sanremo o il Super Bowl. Un’azienda che affitta un enorme cartellone pubblicitario sulla fiancata del Duomo di Milano sta comunicando: "Siamo disposti a investire tanto in questo prodotto. Ci crediamo davvero. Le nostre parole sono supportate da azioni concrete."
Il livello di investimento in una campagna pubblicitaria trasmette la solidità di un brand, il suo impegno e la volontà di rafforzare la propria posizione sul mercato. In questo caso, il messaggio non risiede solo nelle parole, ma anche nella dimostrazione concreta della forza e della determinazione del brand.
Oltre a tutte queste tipologie di pubblicità, ne esiste una che agisce in modo ancora più inconscio e sofisticato, chiamata "imprinting culturale".
Imprinting culturale
L'imprinting culturale è il meccanismo attraverso cui una pubblicità non mira a cambiare le nostre menti individualmente, ma a ridefinire il significato di un prodotto a livello collettivo. Questo cambiamento influisce sulla percezione sociale di chi utilizza quel prodotto: diventa un simbolo che comunica qualcosa su di noi, indipendentemente dalla nostra intenzione. Non siamo noi a controllare quel messaggio, perché è stato impresso nella cultura attraverso campagne pubblicitarie e altri strumenti di comunicazione. In altre parole, è un classico caso di If You Know, You Know (IYKYK).
Siamo noi a scegliere se allinearci o meno a quel messaggio culturale. Il prodotto, quindi, non è solo un oggetto, ma una dichiarazione d'intenti, una scelta che racconta qualcosa di noi. Ne abbiamo parlato qui.
Vuoi essere percepito come qualcuno che affronta ogni sfida senza paura, sempre pronto a mettersi alla prova? Indossare un capo The North Face non è solo una scelta funzionale per proteggersi dalle intemperie, ma un'affermazione di identità: "Sono un esploratore, pronto a conquistare ogni montagna, reale o metaforica."
Oppure, perché scegliere un sapone Aesop? Non si tratta solo di lavarsi le mani: è un'affermazione di stile, un segnale di appartenenza a un certo gusto estetico e a un certo stile di vita. L'oggetto diventa un simbolo, e la scelta che fai racconta qualcosa di te agli altri.
Ovviamente, questo tipo di comunicazione non è efficace per tutti i prodotti. Il messaggio culturale di un brand è rilevante solo se il prodotto stesso viene percepito dagli altri, ovvero se esiste un segnale sociale o culturale associato al suo utilizzo.
Alcuni prodotti, invece, non generano questo tipo di visibilità perché non vengono esposti nella vita quotidiana. Pensiamo, ad esempio, a un materasso: difficilmente gli ospiti noteranno quanto sia costoso o prestigioso il nostro materasso. Per questi brand, funziona meglio una strategia pubblicitaria incentrata sul comfort, sulla qualità e sulla promessa di migliorare la vita privata, senza necessità di una validazione sociale diretta.
L'imprinting culturale si basa sulla conoscenza comune: non basta che un fatto sia noto a tutti, ma è necessario che tutti sappiano che anche gli altri lo sanno. Perché una pubblicità abbia questo effetto, deve essere trasmessa pubblicamente e raggiungere un vasto pubblico, creando una pressione sociale che rende il prodotto un simbolo culturale riconosciuto.
Ecco perché vediamo questo tipo di pubblicità in TV o su cartelloni pubblicitari, dove tutti vedono lo stesso messaggio nello stesso momento. Al contrario, su Google la pubblicità è personalizzata e frammentata, rendendo più difficile creare quella conoscenza condivisa necessaria per l’imprinting culturale.
E qui sta la vera differenza: in questo caso, la pubblicità non deve necessariamente imprimersi nella nostra mente, ma deve farci credere che si sia già impressa in quella degli altri. È un gioco di percezioni: più un prodotto appare radicato nella cultura comune, più diventa parte della realtà condivisa, fino a consolidarsi nel panorama culturale collettivo.
In altre parole, non è tanto ciò che pensiamo del prodotto, ma ciò che pensiamo che gli altri pensino del prodotto.
In questo senso, l'imprinting culturale non cambia i nostri bisogni e è pienamente compatibile con il principio fondamentale, ma modifica i riferimenti culturali che definiscono ciò che è considerato desiderabile. Non siamo noi a cambiare obiettivi, ma il contesto esterno a ridefinire i mezzi attraverso cui cerchiamo di raggiungerli.
Quindi, quando qualcuno pensa di essere immune alla pubblicità, è più probabile che non abbia compreso come essa stia realmente agendo.
E te cosa ne pensi?
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