#50 Cult brand: da prodotto a icona
Equilibrio tra desiderabilità e accessibilità, parliamo di Ferrari.
Ciao a tutti! 👋🏻
Come state? Io bene! Mi sto impegnando ad andare in palestra (ci si prova). E senza accorgersene siamo alla newsletter #50!
Questa settimana mi è capitata sotto agli occhi questa immagine.
Qui potete scaricare l’intero pdf creato da Alex Tran.
Il suo lavoro è molto interessante e spiega ciò che differenzia un brand basic da uno cult.
Cosa differenzia un brand da un cult brand?
Non è una questione di logo, prodotto o vendite, ma il modo in cui questi brand interagiscono con le emozioni e le aspirazioni del loro pubblico. Un brand tradizionale è costruito su basi di visibilità, valore e riconoscibilità. Si concentra principalmente sull’attrazione del consumatore attraverso una strategia di marketing che punta a soddisfare i bisogni pratici e razionali.
Al contrario, un cult brand non si limita a soddisfare un bisogno: crea un’esperienza, una narrazione, una filosofia. Questi brand non sono solo riconosciuti, ma sono adorati, creando una connessione emotiva profonda con il loro pubblico.
I cult brand esistono per ispirare, per accendere passione e per appartenere a una cultura più ampia. Aimé Leon Dore, The Row, A24 sono esempi paradigmatici di cult brand: non solo vendono prodotti, costruiscono storie che trascendono il singolo acquisto.
Questa settimana mi è capitata una sponsorizzata tratta dall’ultima sfilata di Ferrari.
Ferrari non è il primo brand automobilistico ad ampliare il proprio mercato tramite un linea di abbigliamento. Fashion e motori si sono spesso intrecciati attraverso collaborazioni interessanti: Mercedes-Benz e Proenza Schouler, Bentley e Picante, Lamborghini e Supreme, Porsche e Aime Leon Dore.
Ma Ferrari sta facendo qualcosa di diverso, non è una semplice capsule collection. Non si tratta di un brand automobilistico che flirta con la moda, ma di un brand che ridefinisce il proprio status culturale.
Perché ha senso la connessione Ferrari - fashion?
Quando un brand come Ferrari, simbolo di velocità, lusso e prestazioni, decide di entrare nel mondo del fashion, la domanda sorge spontanea: perché?
La risposta più ovvia potrebbe essere quella di espandersi verso un pubblico più giovane e diversificato, con un focus particolare sulle nuove generazioni. Tuttavia, questa spiegazione è solo parzialmente vera e sicuramente non la più interessante.
« La moda è un ottimo modo per raggiungere un pubblico più vasto e rendere il brand RILEVANTE per lo stile di vita delle persone. Ma la qualità dei prodotti deve allinearsi ai nostri valori. »
Nicola Boari - Ferrari's Chief Brand Diversification Officer
Essere rilevanti è essenziale per un brand che vuole essere culto.
Ferrari è quello che definiamo come cult brand: un movimento che si sviluppa attorno a un’esperienza, a un’identità condivisa e a un valore più profondo di quello che il prodotto stesso rappresenta. Questo valore, costruito nel tempo, è ciò che alimenta la passione e la fedeltà del suo pubblico.
Ferrari ha trovato nel fashion una naturale estensione della sua identità, un canale attraverso il quale amplificare il suo messaggio. La moda non è solo un'opportunità per vendere abbigliamento, ma un modo per rafforzare e rendere ancora più tangibile il legame tra il brand e lo stile di vita che rappresenta, mantenendo così rilevante la sua aura iconica.
Credenti e aspiranti credenti
I cult brand si rivolgono sempre ad una nicchia specifica.
Sì, lo so, tutti conoscono Ferrari, ma quanti possono davvero permettersene una? È un po’ quello che dicevamo qui.
Questa nicchia rappresenta i “credenti”, il motore del brand. Sono il gruppo di clienti più appassionati, coloro che vivono e respirano i valori del brand e che hanno un legame diretto con esso.
Al di fuori di questa nicchia ci sono gli “aspiranti credenti”. Persone (comuni mortali) che pur non appartenendo alla nicchia, sono coinvolti nella sua cultura e ne ammirano lo stile dall’esterno. Desiderano farne parte e cercano di avvicinarsi attraverso l’acquisto di prodotti più accessibili.
Mantenere una nicchia è fondamentale perché è ciò che alimenta l’appartenenza che rende un brand un culto. Se un cult brand si espande troppo, rischia di perdere il suo valore simbolico e di diventare semplicemente di massa.
È fondamentale che mantenga un equilibrio tra desiderabilità e accessibilità: troppa accessibilità lo banalizza, troppa esclusività lo rende irrilevante. Per questo, il fashion diventa il ponte che permette agli “aspiranti credenti” di partecipare alla cultura Ferrari senza intaccare l’esclusività del prodotto principale.
Attrazione e mistero
Quando un brand diventa un cult, il suo rapporto con il pubblico cambia profondamente. Un cult brand non si limita a essere conosciuto, ma genera attrazione, desiderio e mistero.
Questa foto l’abbiamo vista tutti: la prima foto di Lewis Hamilton come pilota Ferrari.
A prima vista, potrebbe sembrare un semplice scatto di presentazione, ma ogni dettaglio è stato studiato per comunicare qualcosa di più profondo.
Le sette finestre? Un richiamo ai suoi sette titoli mondiali. La porta d’ingresso? Il simbolo dell’ottavo titolo che sogna con Ferrari. E poi la Ferrari F40, più di una vettura: un’icona che collega il passato della Scuderia al futuro che Hamilton vuole scrivere.
Questa attenzione ai dettagli è tipica dei cult brand. Non comunicano in modo diretto, ma costruiscono narrazioni visive e simboliche che i fan amano decifrare.
Da prodotti a icone
Abbiamo citato la F40, un'auto che ha definito l'immagine del brand negli anni '80. Non era solo un'auto veloce, ma una manifestazione tangibile dei valori Ferrari: innovazione, design e performance. La F40 è diventata l’icona del brand, non solo per il suo impatto visivo e tecnico, ma perché ha incarnato l'essenza stessa di Ferrari.
Questa cosa la ritroviamo se pensiamo a prodotti come i Levi’s 501, le Chuck Taylor di Converse, le Arizona di Birkenstock. Prodotti diventati delle vere e proprie icone perché capaci di raccontare storie che vanno oltre la loro semplice funzione.
La forza di un cult brand sta proprio in questo: la capacità di far sì che il prodotto non solo rappresenti il brand, ma diventi parte integrante dell'immaginario collettivo. Questi prodotti non sono solo acquistati, ma vissuti, amati e celebrati come simboli di qualcosa di più grande.
La cultura dell'innovazione: impollinazione incrociata
I cult brand non esistono solo per vendere prodotti, ma per alimentare la cultura con ispirazione. Per fare ciò, devono essere in grado di attingere dall'innovazione che arriva da altri settori dove l'innovazione può essere trasferita, trasformata e reinterpretata. Ferrari ha cominciato a esplorare la moda come un modo per espandere la sua identità oltre le quattro ruote.
Questo tipo di impollinazione incrociata non solo aiuta i brand a risaltare, ma crea anche una nuova forma di cultura, una cultura che non si limita a un solo settore, ma che si estende rielaborata attraverso differenti sfere dell'immaginario collettivo. È un modo per creare una narrazione più ricca, per interagire con i consumatori su più livelli e per alimentare la cultura con un’immagine che non si limita ai confini del proprio settore.
..e te cosa ne pensi?
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