#61 È da mangiare o è solo marketing?
Burro, croissant, fragole, gelati, miele o frutta per attirare e ricordare
Ciao a tutti! 👋🏻
Come state? Negli ultimi anni abbiamo visto fashion, beauty e food andare sempre più a braccetto. Nei feed dei brand più attenti all’estetica, il cibo non è più solo cibo. Non è un caso se oggi burro, croissant, fragole, gelati, miele o frutta compaiono tra palette pastello, packaging curati e set fotografici.
Le ragioni sono più articolate e variano in base al contesto, alla narrazione del brand e al messaggio che vuole essere veicolato.
Food come interrupt visivo
Accostare il cibo a un prodotto non alimentare crea un’anomalia visiva. Un'interruzione che attira l'attenzione e ferma lo scroll. È una tecnica visiva che nasce per sorprendere: era nuova, oggi lo è un po’ meno.
Jacquemus l’ha usata spesso, dal 2021 in poi croissant, pani rustici e coltelli imburrati hanno fatto il giro del web.
Moschino, già noto per le sue collezioni ispirate ai fast food, continua a giocare col cibo anche nella sua comunicazione digitale, trasformandolo in oggetto pop e kitsch.
È una leva efficace, ma la sua potenza diminuisce man mano che viene utilizzata da tanti.
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Food come status transfer
Nel fashion, il cibo è anche un oggetto che aiuta a costruire un immaginario. Non si tratta solo di gusto o tatto, ma di ciò che quel cibo rappresenta culturalmente. Il croissant non è più solo una colazione.
Negli ultimi anni i brand si sono sempre più allineati alla cultura gastronomica, rendendo il cibo parte integrante della loro narrazione visiva. Un piatto accostato a un abito non è più un elemento di sorpresa, è un linguaggio. Ogni dettaglio conta: dall’alimento scelto, alla sua lavorazione (grezza o elaborata), fino al contesto in cui viene inserito, e ogni variabile contribuisce a cambiare il significato del messaggio.
In "An Ordinary Day" di Saint Laurent, le modelle non posano su divani eleganti, ma su sedie pieghevoli, tagliano frutta e sorseggiano tè. Il lusso si mescola alla quotidianità e una borsa leopardata viene riempita da porri.. direi inaspettato.
Burberry ha lanciato un format TikTok dove il tè diventa protagonista di un rituale simbolico. Un modo per parlare di ritmo lento, cura, heritage britannico, senza mai dirlo esplicitamente. Il tè non è solo bevanda, diventa tempo, identità e stile.
Jacquemus unisce la cultura gastronomica del Sud della Francia con il mondo dell’alta moda, dando vita a uno storytelling che è al contempo autentico e innovativo.
Questa strategia non solo celebra le radici culturali dei brand, ma trasforma la quotidianità del cibo in un rito estetico, creando una connessione sensoriale e simbolica con il pubblico che va oltre il semplice prodotto moda.
Food come esperienza di lusso raffinato
Dall’altra parte il cibo diventa un’estensione tangibile dello stile e del lusso del brand. Qui non si tratta più di alimenti “genuini” e quotidiani, ma di una gastronomia curata, artigianale e altamente estetizzata per raccontare esclusività, raffinatezza e competenza culturale.
Negli ultimi anni, molti brand del fashion e del beauty hanno aperto i propri café o collaborato con pasticcerie e chef stellati per costruire esperienze sensoriali immersive. Pensiamo a Prada e Marchesi, a Alaïa e Sant Ambroeus, Louis Vuitton x Maxime Frédéric.
In questi casi, il cibo da sfondo visivo diventa una vera esperienza immersiva, una crema spalmabile, un caffè servito in porcellana, una fetta di torta preparata da uno chef selezionato diventano simboli di lifestyle attento e ricercato.
Food come elemento sensoriale
Come facciamo a ricordare qualcosa in un mondo in cui tutto passa veloce, tutto si somiglia, tutto si scrolla? La risposta arriva dalla biologia prima ancora che dal marketing: ricordiamo ciò che coinvolge i sensi.
Per i brand beauty il discorso si amplia ancora di più. Qui non si parla solo di estetica, ma di sensazioni, texture e fragranze. Nel fashion e nel beauty, il marketing sensoriale è diventato una leva strategica molto utilizzata. Ma non sempre l’associazione al food ha lo scopo di sollecitare i nostri sensi, infatti non tutto quello che include il cibo è marketing sensoriale. Se nel fashion viene utilizzato per dare contesto e creare associazioni, nel beauty punta a sollecitare desideri profondi e a radicare l’esperienza nel corpo.
Prima però un po’ di teoria sul marketing sensoriale
Alla base del marketing sensoriale si delineano quattro pilastri fondamentali, che rappresentano le coordinate attraverso cui l’esperienza diventa strategia:
Multi-sensorialità: attivare più sensi (vista, udito, tatto, gusto, olfatto) produce un ricordo più ricco e duraturo.
Congruenza sensoriale: la coerenza tra stimoli rafforza il messaggio del brand. Ad esempio packaging lucido e suono cristallino evocano lusso.
Coinvolgimento emotivo: gli elementi sensoriali suscitano emozioni e le emozioni guidano le decisioni d’acquisto.
Esperienza di valore: un evento sensoriale genera percezione di valore aggiunto, giustificando prezzi più alti e fidelizzazione.
Inoltre il neuromarketing ci insegna come specifiche aree cerebrali legate alla memoria si attivano maggiormente in presenza di stimoli multisensoriali. Ciò spiega perché una fragranza o un piccolo assaggio catturino l’attenzione più di uno spot visivo.
Rhode spesso associa i suoi prodotti al mondo del cibo anche attraverso la sua comunicazione social, con riferimenti visivi e cromatici a croissant, cinnamon rolls, panna montata, marshmallow. Ogni post diventa così una piccola tentazione sensoriale, in cui skincare e food si fondono per costruire un immaginario goloso e irresistibile.
Rhode ha anche collaborato con Krispy Kreme per il lancio di Strawberry Glazed. La campagna non si limitava a mostrare un prodotto; profumo, texture e colore lavoravano insieme per evocare un piacere.
Glossier ha trasformato un semplice balsamo labbra in un’esperienza multisensoriale grazie alla limited edition “Cookie Butter Balm Dotcom“.
Non si tratta solo di una fragranza o un sapore, ma di un vero e proprio richiamo emotivo che richiama l’idea di comfort, dolcezza e ricordi d’infanzia.
Glossier utilizza sapori e profumi per veicolare il messaggio del “prendersi cura di sé“ confermando come il marketing sensoriale nel beauty possa trasformare prodotti funzionali in veri e propri oggetti del desiderio.
Vi lascio una carrellata di tanti altri.
E te cosa ne pensi?
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